Giovane, siciliana, sincera. Levante, al secolo Claudia Lagona, fa parte della nuova scuola del cantautorato italiano femminile. Spiccatamente pop, con melodie orecchiabili e perlopiù allegre, abbina a questa sua caratteristica una grande capacità di scrittura. I suoi testi sono onesti, diretti ed autobiografici. A noi live è sempre piaciuta tanto, e lo ha confermato nell’ultimo concerto all’elita Design Week Festival, anticipando Owlle e i Clean Bandit. Qualche giorno fa ci siamo sentiti via telefono e ci ha raccontato qualcosa di Manuale Distruzione, la sua opera prima, e della sua vita…
Ciao Claudia, come stai? Il tour è ricominciato, questa volta con finalmente l’album nei negozi. Come sta andando?
Il tour è iniziato il 20 (Marzo), abbiamo fatto un sacco di date e sta andando super super bene. Non avevo aspettative, sono partita con la speranza che andasse bene e devo ammettere che sta succedendo qualcosa di particolare, perché c’è gente che si scatena sotto il palco, conosce le canzoni e le canta. E poi anche la vendita del CD sta andando molto bene, vuol dire che sta succedendo qualcosa di davvero bello!
Toglici subito una curiosità: perché Levante?
Non l’ho scelto io, ma mi sceglie. Avevo tredici anni ed una mia amica mi chiamo così per scherzo. All’inizio non avevo capito bene, ma poi mi sono resa conto che in quel periodo era uscito “Il Ciclone” di Pieraccioni e così era stata ispirata da un personaggio. Da lì me lo sono portato sempre con me…La cosa che fa ridere di questo nome è che Levante, che indica il “levarsi”, è l’opposto totale del mio nome, Claudia, che indica la zoppia!
Dopo questa chicca, a questo punto scaturisce una riflessione: la tua vita è più claudicante o levante?
Oddio, la mia vita è stata claudicante, ma zoppicando ho imparato a camminare ed andare avanti. Qualsiasi siano le condizioni in cui si trovano le tue gambe, la vita ti insegna ad andare avanti comunque. Puoi arrivare primo al traguardo o ultimo, ma se hai un obiettivo prima o poi lo raggiungi. Nel mio zoppicare ho imparato: c’è quel detto che dice “Impara a danzare nella pioggia”. Quando le condizioni non sono favorevoli, prendi il lato positivo! E quindi la “distruzione” (il titolo del disco è Manuale Distruzione ndr) sono stati degli scalini per salire sempre più in alto, dove volevo arrivare.
Negli ultimi 4 anni sei cambiata e migliorata molto secondo noi. Qual è stato il tuo percorso in questi quattro anni e dove pensi di poter e dover migliorare?
Sono cambiata molto, sì. Ho cominciato a fare musica da piccola, a undici anni ho scritto il primo testo. A diciannove anni ho firmato il mio primo contratto discografico ed ero ancora un’adolescente, dovevo ancora formarmi. Mi sono fatta molto condizionare ed ho seguito consigli che non erano la strada che volevo seguire, anche se comunque mi hanno insegnato cosa non volevo essere. Negli anni successivi ho scelto la mia strada, la semplicità, andare in giro con chitarra e voce, i pub sotto casa al posto dei talent show, e poi scegliendo e scontrandomi ho formato la mia personalità. Ecco perché Manuale Distruzione è stato vincente: è un disco sincero che racconta un percorso sincero. Per quanto le liriche siano più “complesse” rispetto alle musiche, comunque rimango una cantautrice molto semplice, utilizzo una scrittura diretta.
Devo anche ammettere che avevo anche commentato con degli amici che a Sanremo avresti spaccato. Dici che ti ho portato sfiga? Forse, a posteriori, è stato meglio così. Cosa ci dici? Nella tua intervista a GQ sembravi parecchio incazzata, ma – parere personale – forse è stato meglio così.
Inizialmente ci sono rimasta molto male. Per quanto non possa piacere, Sanremo è uno dei palchi più vecchi (non in senso di vecchiume, anche se forse un po’…) e prestigiosi che abbiamo in Italia, perché è stato solcato dai più grandi cantanti italiani e stranieri e dovremmo andarne orgogliosi. Questa cosa non è avvenuta quest’Inverno, a mia sorpresa perché tutti mi quotavano a Sanremo Giovani, ma ora abbiamo mangiato la foglia ed andiamo avanti. Sanremo è per me un “palco di passaggio”, perché ho dei progetti. Poi guardando il Festival ho capito che lì non dovevo esserci, anche perché hanno dato pochissimo spazio ai giovani. È un palco che ancora desidero, chissà che nel futuro non mi prendano.
Ti hanno accostato a Carmen Consoli (che è anche concittadina, di Caltagirone), cosa ne pensi? Noi ti definiamo scherzosamente una Carmen Consoli allegra ma un po’ disagiata (nel senso che, come confermi, hai claudicato un bel po’).
Chi non ha zoppicato nella propria vita? I dolori ti aiutano a crescere, le sofferenze sono necessarie. Come ha detto il mio amico Massimo Gramellini, “Un artista non è un artista se non ha avuto un’infanzia difficile”.
Arrivi a Milano, in una grande serata al fianco dei Clean Bandit, Karmatic ed Owlle, all’interno del cartellone di un festival acclamato dal pubblico e dalla stampa, con una lineup prettamente elettronica. Quali sono le tue sensazioni?
Non ho una grandissima cultura di musica elettronica, anche se sicuramente apprezzo qualche artista. Onestamente non conosco benissimo gli artisti di quest’anno, come il festival. È stata una sorpresa essere chiamata, è un palco che mi è praticamente nuovo.
Milano, la ami o la odi? In effetti vivi a Torino, che forse non è poi così diversa. Qual è il tuo rapporto col design? È una cosa a cui tieni?
Mi piace da morire. Non la scambierei mai con Torino, perché Torino è ineguagliabile per la pulizia, la tranquillità della città, per mille cose: è grande ma rimane sempre un paesotto. Milano è caotica, è il centro del mondo, è la capitale economica. Ho imparato ad amarla.
Il design mi piace molto, sono un’esteta quindi amo un determinato tipo di gusto. Non mi piacciono le cose estreme, minimaliste, futuristiche. È un ambiente che mi attira tanto, anche se di pezzi di design nella mia vita non ne ho mai avuti, però ne sono affascinata. Essendo anche una sarta, l’aspetto delle forme mi interessa moltissimo.
E vesti anche molto bene.
Grazie! Sono seguita da Kristina Ti, stilista torinese, e Chloé. Di solito assemblo mille cose diverse.
Grazie mille Levante, rimani sempre pura e continua a “cucire” buona musica!
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Ph. Elita Design Week Festival ©Dario Monetini x Polkadot