“Milano non ti riconosco più ma ti voglio ancora bene”.
Questo il titolo della serie di eventi organizzati dall’Arci Milano con il patrocinio della Provincia. Dicono che qualcosa stia cambiando qui, e la chiusura dello storico centro sociale Cox18 ne è stato un segno. Poi però il Cox18 è stato rioccupato, ed è stato un segno anche quello. Qui a Polkadot consideriamo gli orientamenti politici come qualcosa di strettamente personale, quello che ci preoccupa è la possibilità che possano sempre continuare ad esistere degli spazi di aggregazione per far circolare liberamente la musica, le idee, l’arte. Sono gli spazi dove abbiamo vissuto i concerti dei nostri artisti preferiti, dove abbiamo visto qualcosa di interessante, dove ci siamo arricchiti di esperienze. Dei quattro appuntamenti previsti, ne abbiamo scelti due: Offlaga Disco Pax alla Casa139 la scorsa settimana e Le luci della Centrale Elettrica all’Arci Bellezza lunedì sera.I primi sono ancora in giro con il tour di “Bachelite”, l’ultimo album, i secondi invece con il loro primo disco “Canzoni da spiaggia deturpata”. Per gli Offlaga, Bachelite ha rappresentato una conferma dello stile new wave e della personalità del gruppo: l’uso imprescindibile dei synth e la distorsione della melodia. Ma soprattutto il messaggio, parlato e talvolta urlato, che cattura il pubblico. Gli Offlaga hanno riportato in vita i temi di un’ideologia, condivisibile o meno, ma dal contenuto forte, un pugno nello stomaco che colpisce tutti indistintamente. Francesca Mambro e il suo uso sconsiderato del vocabolario, la maestra che non ritenne di fare altre domande, le cinnamon, “superchiome” la punk di nome Carlotta. In una Casa139 gremita all’inverosimile, il primo appuntamento lo promuoviamo, tornando a casa nostra con la sensazione che gli Offlaga ogni volta ci regalano una riflessione in più. Ci sono però mancati due cavalli di battaglia come Tatranky e Tono Metallico standard.
Ieri sera è stata la volta delle Luci della Centrale Elettrica. Se gli Offlaga ci offrono contenuti sociali e pensieri su quello che si muove intorno a noi, Vasco Brondi è fondamentalmente un intimista e le sue metafore parlano più al nostro cuore che alla nostra testa. Interpretiamo i suoi momenti di rabbia come lo sfogo e la liberazione di un’angoscia che noi solitamente teniamo dentro. E la soffocante desolazione della città è prima una sua sensazione che una verità. L’accompagnamento di Canali alla chitarra e dei violinisti, rende l’atmosfera ad alto tasso emotivo e ci rendiamo conto che la resa del disco live supera la registrazione perché è vissuta pienamente sul palco. Ammiriamo di Vasco la passionalità e l’energia. Suonano praticamente tutto il disco, momenti clou Stagnola, Nei garage a Milano nord e Per combattere l’acne in chiusura. Torneremo anche stavolta a casa chiedendoci se davvero “ ce ne dobbiamo andare da questa città, soprattutto io. Addio, fottiti, ma aspettami”.