Per vivere il festival nella sua essenza di esperienza totalizzante, noi di Polkadot, sensibili al fascino di un’atmosfera vagamente hippie, abbiamo scelto senza esitazione il camping. E abbiamo apprezzato l’impegno dei ragazzi dell’Arci livorno che hanno saputo organizzare un camping economico (6 euro/notte) ma confortevole. Tende a punta, rotonde, rosse, viola, multicolore, piccole come capannine o maestose come dimore in nylon stavano riempiendo l’area del campo sportivo al nostro arrivo, e tra i sentieri di questa improvvisata comunità, si iniziava a respirare un’energia positiva, di condivisione e relax.
Dalle nostre tende allo Stadio Picchi, la location del Mainstage, peri Marta sui tubi alla loro prima volta su un palco “grande”. Ed è stato un live arricchito in sonorità e arrangiamenti, con strambe divagazioni dal gusto trash metal al sound più acustico e melodico. E grazie all’accompagnamento del violoncello e alla corposa voce di Giovanni, si è riempito quello spazio difficile da colmare tra lo stage e la prima transenna che ferma il pubblico. In scaletta Vecchi difetti e l’abbandono dai primi due dischi, che sorridono al cuore per la bellezza dei testi, e poi i brani del nuovo album, da Cinestetica alla chiusura con Sushi e Coca. Questi ultimi, anche live, si rivelano più “costruiti” rispetto alla dirompente spontaneità degli esordi, ma il marchio è sempre Marta sui tubi. Prendere o lasciare. Il pubblico ha preso. Noi pure, tralasciando i discorsi semipoliticizzati di Giovanni. Meglio lasciar parlare la musica.
L’attesa per i Placebo è passata poi attraverso una band inglese, i Pure reason revolution, alle prese con problemi tecnici sin dall’inizio e con l’impazienza del pubblico. Alle 23.45, finalmente i Placebo sono arrivati.
Brian Molko, emblema della trasgressione raffinata, che negli anni 90 guardava con l’occhio sporco di matita nera al glam, che con il suo corpo fragile era diventato simbolo dell’ambiguità sessuale e con le sue canzoni aveva accarezzato le nostre giovani anime, è salito sul palco con sobrietà. La giusta lettura di questo live forse è quella di un gruppo che è salito sul palco con 15 anni di carriera, portando con se tastiera, violino e consapevolezza. Inutile scimmiottare i tempi andati, inutile adeguarsi allo stile indie chic delle nuove proposte Uk, tanto vale essere se stessi, oggi, e suonare. Spazio quindi al nuovo album in promozione, con Kitty litter, Battle for the sun e Ahstray heart che tirano con riff distorti fino al climax emotivo. La formula Placebo che ancora funziona, seppur più composta. Niente rimpianti con Every me and every you, rivisitata per non lasciare l’amaro in bocca a chi “Without you i’m nothing” l’ha consumato. E chissà se per questo son mancate anche Pure morning e le chicche del primo bellissimo omonimo disco. Un colpo al cuore compensato in parte da Special Needs, Special K, Infra-red e Song to say goodbay. E nel finale, con Bitter end, Molko ci chiede di fare pace. Possiamo perdonare Brian? Si perchè rimane un artista carismatico anche nella sua maturità e la band, con il nuovo batterista (Steve Forrest) che spinge con ardore e velocità sul pedale, si ripropone con un nuovo spirito che non sa di passato nel bene e nel male. Siamo tornati in tenda con uno strano vento che soffiava a raffica sopra le nostre teste, si stava preparando una notte tempestosa.