Dopo il loro terzo disco, in bilico tra la gloria e il divismo di Julian Casablancas, gli Strokes si sono fermati evitando così l’eccesso di superficiale popolarità. E non che loro siano dei tipi acqua e sapone, sia chiaro, ma sono i loro dischi che brillano davvero sotto i riflettori della critica e dei fan. “Is this it” ha dato il via partendo da una chiara ispirazione anni ’70, aggiungendo sin dall’inizio un ritmo catchy ad ogni pezzo, degno delle migliori indie band. Ma mentre queste ultime spesso si perdono nei ritmi catchy senza nessuna sostanza, negli Strokes c’è una pienezza compositiva che non si è mai smentita. Anzi, si conferma nel secondo disco “Room on fire” dove quei suoni sporchi, quella voce dolce e dannata, quei riff psichedelici e le melodie neo hippie diventano definitivamente lo stile Strokes. “The First impression of Earth” ne è la consacrazione nonostante la nuova pulizia del suono. Ed ora veniamo ad “Angles“, uscito lo scorso 22 marzo: evoluzione senza cambiamento. Qui le influenze e le contaminazioni si allargano, la chitarra è più protagonista, più evidenti i cori e le tastiere, in “You are so right” c’è un approccio più rock fatto di improvvise aperture nei suoni e una tensione continua.
In “two Kinds of Happiness” il richiamo è agli anni 80 di David Bowie condito con soli di chitarra che non avremmo potuto immaginare prima. Bellissimo l’inizio di “Call me back” che si muove tra un ritmo salseggiante e Julian che si ispira a Devendra Banhart. “Metabolism” è aggressiva e acuta, con la chitarra in tiro. Schizofrenia? Non proprio, sono sempre gli Strokes che evolvono senza cambiare appunto, è questa la creatività della band. “Taken for a fool” (in ascolto qui) e “Undercover of darkeness” vi riporteranno agli esordi ma senza monotonia. . La sensazione complessiva è che “Angles” sia un bellissimo disco rotondo nel senso di completo, assolutamente soddisfacente per l’ascoltatore, fan o non fan della band. C’è sostanza, c’è un percorso chiaro che appassiona disco dopo disco, e questo oggi è cosa rara. Io immagino che i nipoti un giorno penseranno a come sarebbe stato bello vivere quando c’erano anche gli Strokes. Un posto nella storia ce l’avranno, se basterà per la gloria poco importa, ai posteri l’ardua sentenza.