Siamo stati ospiti dello Swatch Freeride World Tour 2015, Il principale evento mondiale di freeride e snowboard.
Per la tappa finale di Verbier, Swatch ha pensato a qualcosa di veramente speciale, commissionando a Stefano Ogliari Badessi, uno dei suoi fiori all’occhiello dell’ Art Peace Hotel Swatch una scultura di ghiaccio davvero insolita.
Carlo Giordanetti, direttore creativo di Swatch ci ha presentato Stefano come “Un artista vero e coraggioso, sempre pronto a sperimentare”.
Noi lo abbiamo intervistato, proprio all’interno della sua installazione di ghiaccio.
Parlaci della tecnica con la quale hai costruito la tua opera “Pushing The limits”
La tecnica non ha precedenti, esteticamente può sembrare un iglù, ma dentro è molto più sottile perchè per me il fatto che penetrasse la luce era fondamentale.
Quando ho avuto l’idea ero a Shanghai, quindi non potevo fare dei test con il ghiaccio per capire la fattibilità.
Ogni forma va fatta in un’intera notte, durante la notte spruzzo l’acqua sul pallone, poi sgonfio il pallone e copro la mia forma per evitare che il sole la sciolga.
Quali sono state le tue ispirazioni ?
Avevo visto la foto di una fotografa che aveva fatto le bolle di sapone per la figlia ad una temperatura di -30. La bolla di sapone era caduta e si era ghiacciata, il tutto in un secondo, giusto il tempo della foto. Quella è stata sicuramente una delle ispirazioni.
Poi per capire meglio come realizzarla ho studiato anche come era fatta la cupola di San Pietro e del Brunelleschi.
Come mai l’idea delle sfere comunicanti, volevi dare un carattere ludico all’istallazione?
Inizialmente non dovevano essere comunicanti, ma per rendere la sfera più solida ho dovuto abbassarla e quindi da li è nata l’idea di fare delle gallerie, creando una storia fra tutte.
Quando fai una scultura la guardi sempre da fuori, il bello delle installazioni è che puoi entrarci, il mio intento era quello di dare un effetto”WOW”, e quindi doveva ricordarti un po’ quando sei bambino, infatti per passare da una forma a l’altra devi metterti a gattoni e giocare.
Quando hai iniziato a fare l’artista veramente?
Inizialmente facevo il visual per Aspesi, poi sono partito per Shanghai per concentrarmi sulla mia arte, li, sono stato selezionato per entrare all’Art Peace Hotel Swatch, e nel portfolio c’erano anche le mie vetrine, perchè per me anche quella è arte.
Moda e arte, quale è il tuo rapporto?
Mi piace che la moda sponsorizzi l’arte, un tempo l’arte era diversa, c’era il mecenatismo che supportava gli artisti, adesso con i galleristi è un’altra cosa.
Swatch mi ha supportato e dato carta bianca fin dall’inizio, la galleria ti dice “Devi farmi 20 pezzi” invece con loro mi sono sentito libero di creare in massima libertà.
Di solito le tue installazioni le vendi anche?
Alcune le ho create appositamente altre no. Però se fossi un collezionista comprerei il mio pallone.
L’idea è nata anche dal fatto che in questo modo non ho bisogno del mio studio, piego il pallone e vado in giro per il mondo.
Il più piccolo del miei palloni è di sei metri, lo metto in uno zaino e posso andare a fare una mostra, senza aver bisogno di spedire nulla, vado in galleria e lo gonfio.
Quali sono i tuoi programmi per il futuro?
Devo tornare in Cina per recuperare il pallone che ho usato per l’evento del terzo anniversario di Swatch, lo voglio rigonfiare.
Ho anche un nuovo progetto, ma non posso svelare di più.