Una grande rivoluzione ha travolto le passerelle della Milano Fashion Week.
Una rivoluzione ispirata e scatenata dall’attualità e dalla freschezza della generazione di avidi consumatori della moda in cui prende forma. Una generazione iper tecnologica, una generazione che si muove sempre più veloce, una generazione che di regole no, non ne vuole sentire parlare.
Le tendenze per ogni stagione si moltiplicano- questo Autunno Inverno ci sono proposte davvero per tutti – mentre a venirne fuori vittoriosa è (o dovrebbe essere) l’individualità e la sensibilità di ognuno.
Per un marchio non è facile avere il coraggio di cambiare. Non stiamo parlando di chi fa del riassortimento ogni quindici giorni e della continua copia/ispirazione dell’altro la chiave di forza di un business di successo. Non stiamo parlando dei Zara e H&M di turno ma di brand con dei codici estetici ben precisi e con un heritage molto forte costruito negli anni.
Gucci, Pucci, Cavalli, nomi altisonanti che non necessitano di presentazioni, ma che avevano bisogno dello spirito di intraprendenza di tre giovani creativi, rispettivamente Alessandro Michele, Massimo Giorgetti e Peter Dundas, per togliersi di dosso quella patina di “glamour polveroso” e reinventarsi in maniera assolutamente contemporanea.
Alessandro Michele dipinge una donna ben lontana dagli stilemi di classica sensualità noir firmata Gucci e la trasporta in un mondo pesantemente barocchiano e anarchico. Cavalcando una sorta di Wes Anderson-mania, la stagione SS16 di Gucci fa dell’uso esagerato di perle e ricami, serpenti e tigri, colori a contrasto e tappezzerie, i dettagli preziosi di una collezione romantica e metropolitana, sempre più vicina a un sentire prêt-à-porter.
L’iperdecorativismo e il richiamo al passato non sono mai stati così attuali.
Sapore pop e contemporaneo anche per la donna Pucci di Massimo Giorgetti, nuovo direttore creativo della maison fiorentina e capo della propria linea MSGM.
Una collezione ispirata al mare, con abiti dalle linee fluide su cui compaiono pesciolini, top in paillettes con righe marinare distorte, drappeggi trasparenti impreziositi da ricami di coralli e conchiglie. Una sorta di sirenetta urbana decisamente originale, che si aggira per le strade delle più grandi città con disinvoltura e un pizzico di ironia.
L’arrivo di Peter Dundas da Cavalli segna l’inizio di un nuovo ideale estetico che tende a rispondere alle esigenze delle donne moderne che vogliono essere sempre più libere e chiedano abiti più facili, persino più sportivi. Ecco quindi che i mini dress sostituiscono i lunghi abiti di un tempo, con l’unica concessione di alcune creazioni che sfiorano il pavimento ma che vengono strappate sul fondo. Anche le stampe, altro elemento caratteristico di Cavalli, subiscono una trasformazione: i classici animalier si fanno più digitali, ispirandosi a murales o schizzi di pittura.
Questi tre casi dimostrano come la moda non sia più solamente uno show per sognare ad occhi aperti ma realtà quotidiana, dove a dettare legge non sono unicamente gli archivi storici ma anche, e soprattutto, le tendenze della strada.
I giovani designer Michele, Giorgetti e Dundas fanno vivere le loro creazioni al di fuori del red carpet e, in sintonia con i forti DNA delle case che rappresentano, creano tante Cenerentole moderne che vivono iperconnesse e sempre più di corsa nel mondo.