Conoscete quelle mattine, tipo: “Si può uscire in bici dai. Il meteo dava pioggia e gelo ma sembra ci sia un po’ di sole e le nove non sembrano poi così rigide“? Ecco, sono proprio quelle che ti defenestrano il modo di pensare e fanno urlare ogni parte di quel corpo che con spavalderia e innocenza hai lasciato scoperta.
Regola n. 1: quando a Novembre Berlino si presenta con il cielo azzurro, non sperare in un caraibico abbaglio dei mister meteo, ma impara a fare pace col fatto che appena metterai un piede fuori di casa un vento polacco ti spazzolerà per bene la barba.
In una giornata simile incontro Ilya, ragazzo russo che vive a Berlino da qualche mese, che ha deciso di rendere Berlino una città più ciclabile.
Ci incontriamo alle 9 a Kreuzberg e andiamo a raggiungere Brian che ci aspetta a Schlesisches Tor per cominciare una pedalata che ricorderò per molto tempo.
Partiamo e ci dirigiamo verso il sud. Consueto zig zag fra macchine e baustelle e, quando la strada diventa leggera e poco trafficata, mi affianco a Ilya e cominciamo a parlare:
“Io a Mosca facevo l’artista: fotografie, video, esibizioni – Inizia così – Ma poi ho deciso di andare via e una volta atterrato nella capitale brandeburghese mi è apparsa l’idea: rendere questa città più appetibile per i ciclisti di tutto il mondo”.
Le ultime parole di questa frase rendono il concetto più chiaro. Berlino è già di per sé una città ciclabilissima: corsie preferenziali, semafori appositi, precedenza assoluta al personale pedalante. Ma appena ci si allontana dal ciclismo urbano la cosa diventa più complicata, soprattutto per i turisti stranieri che vogliono vivere Berlino e confini su una bici da corsa. L’unica soluzione, fino a poco tempo fa, sembrava essere quella di portarsi dietro il proprio mezzo, visto che nessuno offriva il noleggio di una bici sportiva per brevi uscite. Tutto questo fino a Luglio, quando nasce Aspire Cycling, il progetto di Ilya e del suo socio Alex.
“Non ne potevo più di non trovare una road bike per andare a esplorare Berlino e il suo splendido circondario. Gli unici vettori a pedali da noleggiare in questa città erano delle citybike pesantissime e spesso vecchie di secoli. Così ho contattato Alex e insieme abbiamo buttato giù il concept. Una volta avute le idee chiare abbiamo mandato in giro il nostro progetto orientandoci verso i più importanti produttori di biciclette. Tanti complimenti poca concretezza, fin quando non riceviamo la email di Canyon. Ci invitano nel loro HQ e si rivelano subito molto interessati al nostro sogno, tanto da fornirci tutto il nostro parco veicoli. Canyon Ultimate e Canyon Endurace, full carbon, tutte con allestimento completo”.
Proprio una Ultimate sto pedalando durante la nostra chiacchierata. Una Canyon Ultimate CF SLX 8.0 DI2: Sella Fizik Antares R5, ruote Mavic e gruppo Shimano Ultegra 6780 DI2, che in parole povere significa vuol dire: cambio completamene elettronico. La cura dei particolari di questa bici è seconda solo alla premura di Ilya nell’avermi dotato anche dei Look Keo Classic 2 oltre che nel chiedermi regolarmente le mie impressioni sulla bici.
“È la parte più importante del mio progetto: dotare la gente di un mezzo dalla qualità assoluta, e recapitargliela direttamente a casa. Senza top quality e piena comodità tutto questo non avrebbe senso”.
Devo effettivamente affermare che la Canyon che sto spingendo ha davvero una qualità impressionante: scattante, maneggevole, nervosa, precisa in discesa nonostante il peso irrisorio. Certo il cambio elettronico è una novità per me e devo dire che continuo a preferire quello manuale con il quale riesco a riportare la bici ai rapporti più leggeri anche solo con una singola mossa. Anche parlare del sellino non è semplicissimo: alla fine si sa, ognuno ha il sedere che si merita, e per ora il mio è coccolato perfettamente solo dal Cambium C15 che completa la mia Hammer.
Mentre la strada ci porta verso l’aeroporto di Schoenefeld, Ilya continua raccontandomi una altro aspetto fondamentale del suo progetto: “Se la prima parte è quella di poter fornire top bike per far scoprire Berlino a tutti i ciclisti del mondo, la seconda è quella di far sentire a proprio agio coloro che Berlino la pedalano regolarmente e che nei momenti di pausa vorrebbero aggregarsi a gruppi internazionali per scoprire strade nuove. Così io percorro gli itinerari più disparati durante la settimana e poi, grazie a Meet Up, riunisco un gruppo di english speaker con i quali ci godiamo le campagne del Brandeburgo”.
“E come fai a trovare le strade?” – gli chiedo.
“Uso tutta la tecnologia che ho sotto mano: prima di tutto Strava” – ovviamente – “Le heatmap mi aiutano a capire quali sono i selciati che i ciclisti tedeschi non svelano. E poi Komoot”.
Eccoci alla seconda scoperta della giornata, dopo quella meteorologica. Komoot è un altro progetto completamente Made in Berlin. “Made in Potsdam” – mi bacchetta Ilya. Già Made in Potsdam.
Komoot aiuta a trovare e condividere percorsi per tutti quegli sport che nella scoperta hanno il proprio scopo principale: Ciclismo, Hiking e ogni altro tipo di outdoor activity. Mappe online e offline, indicazioni in tempo reale, raccomandazioni personalizzate, compatibilità con lo smartwatch. E ora anche Citynavigator, uno splendido progetto in collaborazione con Lufthansa alla scoperta dei migliori itinerari all’interno delle più importanti città europee. Mi sa che fra qualche giorno dovrò andare a fare due chiacchiere anche con loro.
Ma torniamo a Ilya e alla nostra pedalata che, intanto, scollinati i primi 50 chilometri, si fa un pelo più dura.
“Questi sono le due chiavi con le quali voglio cambiare la città, Stefano. Abbattere le difficoltà costituite da gruppi chiusi di ciclisti e impossibilità nel trovare biciclette da corsa nella propria vacanza a pedali”.
“Penso che riusciremo a cambiare le cose Ilya” – lo incalzo – ma magari dobbiamo aspettare che cambi un po’ il vento”.
“Intendi la situazione di mercato?” – Ilya è dubbioso.
“Nono, parlo del vento vero e proprio, mi sta uccidendo!”
Gli ultimi chilometri sono davvero pesanti, per una buona mezz’ora smettiamo di parlare, Brian si mette davanti e ci tira come un bambino con la fionda. Tornati fra gli alberi il vento si sente un po’ meno, anche se il freddo comincia a farsi sentire.
Per fortuna le chiacchiere con Ilya mi riscaldano un po’.
“E pensi mai a tornare alla tua attività di artista?”– gli chiedo.
“L’arte non è un mestiere Stefano. È un’attitudine. E facendo pedalare più gente possibile, il mio spirito creativo è molto appagato”.
Nel ritornare continuiamo con discussione un po’ tecniche. Racconto dei miei viaggi in bici, del mio progetto di autodistruzione strategicamente programmato con la partecipazione al Giro delle Fiandre ad Aprile (vi terrò aggiornati, prometto), di punti vista sulle ruote e su tutti quegli accessori cari ai ciclisti.
Siamo arrivati e in preda agli spasmi lascio al suo parcheggio la Canyon offertmi da Aspire Cycling, salutando in fretta e in furia Ilya. Torno verso casa completamente ibernato e mi infilo direttamente sotto la doccia bollente insieme alla mie dita insensibili, all’inutile abbigliamento Decathlon e al Martello.
Quando finisco prendo in mano il telefono e una email di Ilya mi saluta dallo monitor.
“Hi Stefano!
How are you? Hope you are well after last ride!
As promised please find attache links to the route:
and to some pictures.
Best,
Ilya”
Mi sa che si è accorto che stavo per morire. Ma in tutto ciò, quando le ha fatte tutte ste foto?