È proprio vero che le idee migliori vengono per caso, o quasi: così è iniziata la storia di un brand che abbiamo a cuore, da molto tempo. Stiamo parlando di FREITAG, il marchio fondato a Zurigo dai due fratelli Markus e Daniel nel lontano 1993.
Il caso: una illuminazione di più di vent’anni fa. Markus vive in una casa che guarda la tangenziale di Zurigo. Centinaia di camion al giorno. Teloni che resistono ad intemperie, grafiche bellissime (entrambi sono graphic designer): perché non riutilizzare i teloni dismessi per realizzare la messenger bag dei sogni? Proprio una messenger bag, quella da ciclista, perché i due fratelli sono così ecologisti che non hanno bisogno di una patente e dunque si spostano solo con le due ruote. Il caso, o quasi: l’ecologia, la sostenibilità sono un tema centrale in FREITAG, dal prodotto fino al ciclo di produzione. Una sensibilità che i due fratelli attribuiscono alla loro abitudine, da bambini, di collezionare rifiuti per realizzare prodotti di ogni sorta, rinforzata da un viaggio di famiglia a Calcutta, città dove i cittadini usano raccogliere i rifiuti per riutilizzarli.
Dopo un periodo di lavoro a distanza, Daniel, che nel frattempo viveva a San Francisco (patria dei messenger con New York, quindi luogo ideale per i primi test), decide di tornare a Zurigo per mettere su l’azienda e il resto, beh, è storia.
Oggi quella messenger bag è esposta al MoMA (dal 2003) e al Museo del Design di Zurigo (e per toccarla, bisogna mettersi i guanti!) ed è ancora presente nel catalogo (cercate la F13 TOP CAT). Da quel prodotto, sono nate la serie FUNDAMENTALS (con più di 40 pezzi fino a oggi), ki la REFERENCE e da qualche tempo F-ABRIC, una collezione di abbigliamento sostenibile.
Ancora oggi i prodotti FREITAG nascono a partire dalle esigenze delle persone, i FREITAG Bros in primis (ai tempi non c’erano messenger bag in vendita in Svizzera), utilizzando processi di design collaborativo, interdisciplinare e aperto a tutti, come il Lego Planner o il Pitch Poker, e testando tutti i prodotti in prima persona.
FREITAG non è più solo un marchio da messenger, ma uno stile di vita, un “antistatement” come definito dai due fratelli, che abbraccia diverse fasce d’età e necessità d’uso senza rinunciare alla propria visione (lo sapevate, per esempio, che da FREITAG non esistono più gerarchie lavorative?). Un concetto da ricordare quando si acquista qualsiasi tipo di prodotto e che i due fratelli rivendicano essere stato sempre alla base di tutto, perché “molti marchi di fast fashion predicano sostenibilità per seguire un trend, ma solo l’1% dei loro prodotti può essere definito così”.
Siamo stati a Zurigo nel nuovo quartiere generale Nœrd nel quartiere Oerlikon, aperto nel 2011 dopo aver letteralmente abbattuto (in un demolition party che dai racconti sembra essere stato epico) il vecchio stabilimento. Lì abbiamo potuto scoprire la filiera sostenibile di produzione, conoscere le menti e le mani dietro ai prodotti dell’azienda e indagare sui piani futuri dei due FREITAG Bros (nei quali c’è, ovviamente, lo store milanese aperto da un mese). Ogni anno, da Nœrd transitano 400.000 prodotti, realizzati utilizzando 390 tonnellate di teloni, 15.000 camere d’aria di bicicletta e 150.000 cinture di sicurezza.
Il nostro viaggio inizia in un enorme capannone dominato da una piattaforma lunghissima sulla quale i teloni appena arrivati vengono ripuliti dalle parti superflue (ganci, occhielli, cinghie, sezioni rovinate) dagli operai che lavorano, ogni giorno, a ritmi musicali variegati (nello spazio c’è un soundsystem con selecta a loro totale discrezione – anche questa è visione). Tutti i teloni vengono archiviati secondo una scala di colori, mentre gli scarti vengono riciclati.
Da lì, ci si sposta in lavanderia, dove i teloni passano attraverso delle super lavatrici che li ripuliscono dalla polvere accumulata in anni e anni di viaggi (un telone in PVC dura in media 10 anni). Per questo processo è necessaria tantissima acqua ed energia per scaldarla, ma c’è bisogno di dirvi che i FREITAG Bros hanno ovviamente pensato anche a questo? La nuova fabbrica è stata dotata di un complesso sistema di raccolta e riciclo dell’acqua piovana e scambiatori di calore: un risparmio di energia ed acqua che fa bene all’ambiente e che permetterà, in 18 anni, di rientrare dall’investimento. Non finisce qui: tutta la fabbrica è stata costruita per essere isolata termicamente e trattenere calore (“in Svizzera fa freddo” ci ricorda il sito dell’azienda), grazie anche al giardino pensile (fatto anche per l’ispirazione), e metà dell’energia proviene da centrali di termovalorizzazione.
Archiviati i teloni, arriva il momento decisivo: il taglio. Avete sempre sognato una FREITAG con una particolare grafica e scritta, lo sappiamo. È proprio in questo momento e in questo spazio che un designer, ogni giorno, taglia decine e decine di teloni definendo ogni pezzo in maniera unica.
Da lì i teloni tagliati vengono inviati in dei centri specializzati sparsi per l’Europa per essere cuciti. Purtroppo, ci dicono, l’industria tessile svizzera è praticamente scomparsa e non esistono aziende capaci di sostenere i ritmi di produzione dell’azienda.
Quando tornano a Zurigo, i teloni si sono trasformati in dei meravigliosi pezzi unici, pronti ad essere spediti agli store o messi online sul sito dell’azienda. Trattandosi di pezzi tutti diversi, è assolutamente fondamentale che vengano fotografati per essere scelti dai clienti. FREITAG è un’azienda attentissima alla comunicazione anche se, dicono i fratelli, “non investiamo e non investiremo mai per la pubblicità”. Per questo l’azienda ha dei set fotografici semi-automatizzati che fotografano a 360° ogni prodotto, più una serie di set in cui vengono realizzati i fantastici video still-life che tutti abbiamo visto una volta e che mostrano tutte le funzionalità di prodotti. Ogni prodotto è dotato, poi, di una foto di accompagnamento per permettere ai clienti di scegliere la propria grafica attraverso l’iconico (e brevettato) scaffale presente negli store.
FREITAG non è solo borse e accessori: da qualche tempo i due fratelli sono impegnatissimi sulla loro ultima creatura, il tessuto F-ABRIC. Con l’obiettivo di rendere sempre più sostenibile il proprio stile di vita e aprirsi ad un nuovo materiale – dopo 20 anni dedicati al PVC, Markus e Daniel hanno investito risorse e tempo viaggiando in lungo e in largo (passando a pochi km da Milano) per ricercare un tessuto adatto per realizzare gli abiti di lavoro per i propri collaboratori. Non dobbiamo meravigliarci se pensiamo che il cotone, forse il tessuto più utilizzato al mondo, non è per nulla eco-friendly: sono necessari migliaia di chilometri per trasportarlo e trasformarlo, così come è richiesta una grande quantità d’acqua durante i vari processi. Per questo motivo F-ABRIC è composto da fibre vegetali liberiane, lino e canapa, e da Modal – tessuti che richiedono meno acqua e il cui percorso di trasformazione fino al prodotto finito richiede al massimo 5000km per un jeans, una quantità nettamente inferiore alla media (50000 km).
Tutti i capi delle collezioni, che non hanno stagionalità, non seguono i trend e che quindi non troverete mai in saldo, sono realizzati con il minimo ricorso a prodotti chimici, un risultato che li rende conformi allo standard Oeko-Tex Standard. I capi sono stati testati da tutto lo staff assicurare robustezza e comfort – e poi sono molto belli e minimali.
Ogni prodotto F-ABRIC è completamente biodegradabile: abbiamo visto coi nostri occhi nel giardino della fabbrica un pantalone quasi totalmente decomposto che può essere utilizzato per concimarci l’orto (testato scientificamente ovviamente). I bottoni, che non sono compostabili, possono essere svitati e rimossi grazie ad un sistema brevettato da FREITAG. Quasi un “atto d’insegnamento” in termini di consapevolezza, dice Daniel. Da FREITAG nulla è lasciato al caso.
Al tatto il tessuto è eccezionale così come i colori, molto belli e naturali, senza però avere il classico effetto slavato. I capi sono femminili e maschili, minimal, assolutamente casual. Perfetti per vestirsi tutti i giorni o per integrare degli outfit più estrosi.
Chiediamo ai fratelli FREITAG quali saranno gli sviluppi futuri di questa nuova avventura e non escludono qualche capatina nel campo dell’interior design, che li attira molto. Qualche esperimento lo hanno già fatto, ma non vogliono dirci di più, anche perché sono totalmente concentrati sull’abbigliamento. I due fratelli, affascinati dal movimento makers e del DIY, immaginano un giorno in cui i FREITAG Store venderanno anche il tessuto, per dare la possibilità ai clienti di realizzare i propri prodotti a casa. Il loro desiderio più folle? “Non esiste un hotel completamente sostenibile” dice Markus. Chissà.
Una capatina nel laboratorio ci conferma il fermento creativo intorno a questo nuovo capitolo: proprio in quel momento ci trasformiamo in focus group per decidere un abbinamento tessuto-bottoni. Presto scopriremo se si sono fidati di noi.
Chiediamo a Markus di riassumerci i capitoli della storia FREITAG. Arrivare fino a questo punto non dev’essere stato semplice. I primi sette anni da soli, in particolare, che sono serviti a costruire l’azienda e migliorare i prodotti. Poi gli anni in cui erano in quindici persone. “Ora siamo nel periodo “No CEO”: abbiamo un team che è responsabile, non una sola persona che ne sa più di tutti. Ovviamente abbiamo avuto periodi di ascesa e successo e periodi meno forti. Periodi in cui per qualcuno la competizione era basata sui trend, mentre per noi il focus è sempre stato sulla sostenibilità.” Ci sono alcuni capitoli che non sono consecutivi, ma si accavallano l’uno con l’altro: quello di F-abric si è aperto da cinque anni (molti di ricerca, alcuni per capire come portarlo sul mercato, quelli attuali per farlo conoscere), quello della prima Messenger Bag non si è mai chiuso.
Mentre tocchiamo la nuova FREITAG R124 Bird, un modello espressamente rivolto alle donne, ci chiediamo se ha ancora senso associare il marchio a persone con degli stili di vita “movimentati”: Markus ci racconta che i prodotti sono ormai dedicati a tutti e “puoi pensare di portare una FREITAG ad un party e non preoccuparti se può rovinarsi o no poggiandola a terra, perché è fatta di un materiale resistentissimo”. Anche se i prodotti sono cambiati parecchio rispetto alle origini, “il materiale ci impone comunque dei limiti di design; per esempio non puoi farci delle scarpe”. E qual è il prodotto più folle che hanno provato a realizzare? “Una cravatta! Ma meglio farci delle borse”.
Siamo d’accordo.
Foto credits: Peter Hauser, Roland Tännler, Joël Tettamanti, Noë Flum.