Una passeggiata in un mondo incantato. Questa la sensazione che ti pervade quando visiti la mostra L’Arca di vetro. La collezione di animali di Pierre Rosenberg, curata da Giordana Naccari e Cristina Beltrami presso Le Stanze del Vetro (https://lestanzedelvetro.org/) sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. La storia del vetro di Murano, lungo il corso del Novecento, si dispiega attraverso uno sguardo inedito e originalissimo, la cui nuance divertente, giocosa ma dallo spirito estremamente colto, attira e coinvolge chi guarda.
Tra gli oltre duemila della raccolta, sono stati selezionati 750 effigi di animali di vetro: longilinee giraffe ed ippopotami, leggiadre farfalle e minuscoli insetti, tigri e civette. Lineamenti stilizzati e fantasiose sembianze: eppure le sculture ci appaiono così vive, realistiche, al punto che sembra si muovano tra di noi, tra ruggiti e canti d’uccelli, nel susseguirsi dell’affascinante allestimento, curato con grazia e attenzione da Denise Carnini e Francesca Pedrotti che, sala per sala, riproduce l’ambiente adatto ad ogni specie, con il sottofondo musicale dei versi e rumori della flora e della fauna. Nuotiamo ora immersi nell’oceano, tra infinite varietà di crostacei, meduse e pesci dalle squame coloratissime, raccogliamo ghiande con gli scoiattoli nel buio della notte stellata, ascoltiamo il verso del tucano in una foresta tropicale, leggiamo un libro nel salotto di casa, tra i gatti che fanno le fusa. Una passeggiata in un mondo incantato.
L’ARTE DEL VETRO, TUTTA VENEZIANA.
La mostra L’Arca di Vetro è anche un vero e proprio viaggio nella storia del vetro di Murano. È un piacere trovare i nomi dei più grandi artisti veneziani dagli anni trenta fino alla contemporaneità, che si esprimono in modo personalissimo e ben riconoscibile anche nella resa dell’oggetto decorativo. Il Bassotto rosso, concepito come un siluro nel 1937 nella fornace Barovier Seguso Ferro, esprime la semplicità della linea che guarda al modernismo, nell’uso del colore sgargiante. Il Barboncino di Fulvio Bianconi per Venini & C. è pura raffinatezza nei riccioli dell’animale in nero monocromo, datato 1954. I cervi e gli stambecchi della vetreria Ermanno Nason e Ferro Lazzarini rendono tutta la grazia e nobiltà dell’esile animale, stagliato su un fondo di vette innevate, tramite la lavorazione del vetro bianco, opaco e dorato. La Volpe addormentata di Flavio Poli è espressione di estrema delicatezza e grazia: eseguita nel 1935 è tra i pezzi più affascinanti della raccolta poiché la forma ondulata del corpo dell’animale, accovacciato su se stesso, è fantasioso quanto commuovente nel realismo dell’espressione. Timidamente ci dice che non vuole essere disturbata, mentre irradia luce con il suo manto dorato, prezioso, abilmente posta all’interno di una teca oscurata. Puro design la Volpe argentata di Napoleone Barovier: una lunga e sottile silhouette per un soprammobile in stile decò, di eccellente ed elegantissima concezione. Tra i pezzi più antichi colpisce la Scimmia che Ercole Barovier esegue nel 1929: una sagoma divertente, a pois, che sorride, sbeffeggiandoci. Le Zebre longilinee di Rosanna Toso per Nason Moretti del 1998-1999 esprimono tutto il gusto per l’afro animalier dei tempi più recenti, con una stilizzazione di forme impossibili che le rendono veri oggetti d’arte, da voler possedere. Lo stesso sui può dire del magnifico Elefante rosso di Napoleone Martinuzzi che nel 1932 crea un simbolo di essenzialità lineare e coloristica, come con il suo Delfino del 1930 che, posto in posizione verticale, ha le sembianze di un animale preistorico, ed è total white. I pesci di Ken Scott per Venini, appiattiti e a righe colorate, fanno la storia del modernismo. Gli anni Ottanta sono ben rappresentati dalle opere di Bruno Amadi, artista veneziano che esegue un’innumerevole serie di minuscoli animali, crostacei e insetti, con una sapienza tecnica unica, geniale attenzione miniaturistica al dettaglio: granchi e stelle marine, ricci e aragoste, farfalle, api, scorpioni. E ancora Gino Cenedese & Figlio, Tyra Lundgren, Toni Zuccheri, Alfredo Barbini. Una completa ed eclettica panoramica dell’arte scultorea in foggia faunistica del Novecento, che trova nell’esaltazione dell’arte veneziana il suo fulcro.
NEL CUORE DELLA SCELTA DEL COLLEZIONISTA, PIERRE ROSENBERG.
Ci vuole una particolare predisposizione per la delicatezza, per la bellezza raffinata e celata, che si esprime nel suo essere esile, fragile, di cui non ti accorgi, se non la scruti attentamente, e allora te ne innamori. Solo di seguito noti la grazia che racchiude, un segno distintivo di carattere, un’inattesa peculiarità, che rende l’oggetto unico e imprescindibile. Sembrano queste le caratteristiche che hanno condotto Pierre Rosenberg a scegliere i suoi oggetti d’arte. Il connaisseur parigino, colto collezionista, eminente personalità nel mondo della storia e critica d’arte, direttore onorario del Musée du Louvre, membro dell’Académie Française, autore di numerose monografie di artisti francesi, ha raccolto nell’arco della vita questa straordinaria serie di vetri con una passione, perseveranza e amore per il dettaglio assolutamente eccezionali. Ognuno infatti è riflesso del gusto personalissimo del collezionista, al di fuori delle mode, e risultato dell’alta qualità tecnica del vetro muranese. Quando si ha l’onore di fare la conoscenza dell’illustre storico dell’arte, non è difficile comprenderne subito lo spirito, di vorace studioso, amante del sapere, incessante viaggiatore, attivo partecipe di eventi culturali e mondani nel mondo dell’arte, con il forte accento francese e il geniale bagliore nello sguardo. Capitò a me che, studentessa universitaria che si approcciava allo studio del paesaggio francese del Settecento, in un indimenticabile incontro nella sua casa di Venezia, mi rivolsi a lui in inglese e mi rispose: “non è ne la sua lingua ne la mia”. Fu lì che decisi di imparare il francese in modo impeccabile.
LA DONAZIONE DELL’INTERA COLLEZIONE ALLO STATO FRANCESE.
Fiero nazionalista e generoso mecenate, Rosenberg ha deciso – il contratto è stato firmato pochi mesi fa – di donare l’intera collezione composta da circa tremilacinquecento disegni, seicento settanta dipinti, la vastissima biblioteca e i duemila vetri veneziani, insieme alla ricchissima documentazione accumulata, al Musée du Grand Siècle, che nascerà a Saint-Cloud, alla porta ovest di Parigi, nell’antica caserma Sully, e sarà dedicato interamente al Seicento francese, da Enrico IV alla Reggenza. A 5 anni iniziò a collezionare biglie di vetro, racconta Rosenberg, continuò con i francobolli, in seguito i disegni… finché rese la sua indole uno stile di vita. La sua dimora museo nel cuore di Parigi, scrigno di tesori, è tappezzata dai meravigliosi dipinti, scelti ed acquistati attraverso la lente del gusto e dell’attenzione scientifica, con opere di Simon Vouet, Philippe de Champaigne, Jean-Baptiste Oudry, Laurent de La Hyre. La toilette è tappezzata da disegni in cornici dorate. Il suo gesto si colora di coraggio, insieme ad un pò di giustificata autoglorificazione: sarà volto a beneficio di studiosi e appassionati, eterno luogo della sua memoria, ma anche faro per altri benefattori che vorranno implementare la raccolta del museo.
La scelta di mostrare la sua personale collezione, mai esposta prima, è stata certamente determinata dall’amore per la città di Venezia, l’unica dove lo storico dell’arte riesce a concentrarsi, a lavorare senza le distrazioni della caotica Parigi. Rosenberg sta ora definendo il lavoro di una vita, il catalogo dell’artista – prediletto e amato – Nicolas Poussin. In costante viaggio tra le sue case delle due città più belle del mondo, centri pulsanti di fascino e grandeur, mistero e bellezza: luoghi legati nei secoli da quella sottilissima e indistruttibile linea rossa, proprio come la sua sciarpa, celebre accessorio che ne distingue la forte personalità e inconfondibile estro, ovunque lo si incontri.
La mostra è aperta dal 26 aprile al 1 agosto 2021.