Appena uscito con il primo singolo “Il colpo” tratto dal suo album di esordio “Gli eroi non escono il sabato” (1 febbraio 2012), Nicolò Carnesi, ventiquattrenne siciliano, si è presto ricavato un posto nella scena indie nostrana. Notato dal sito di musica indipendente italiana Rock.it, il giovane cantautore si appresta al suo primo tour nazionale portando in giro la sua ironia sbeffeggiante ereditata dai suoi idoli musicali. Ma quegli stessi padri (di tradizione tutta italiana) sono contaminati, in Nicolò, dalla scena new wave, elettronica e brit pop fino a dare forma a ritornelli “estivi” che nascondono, in realtà, una descrizione scanzonata della sua generazione, quella che non ha nulla da invidiare ai cliché mucciniani e da rotocalco.
Noi di Polkadot abbiamo voluto scambiare quattro chiacchiere con lui. E guardate qui di che bel tipo si tratta!
Hai poco più di vent’anni e sembra che tu abbia già imparato a guardarti intorno. Nei tuoi testi descrivi la generazione a cui appartieni con ironia e distacco. Si tratta di un racconto scanzonato o di autocritica?
Entrambi e solo in parte. Inizialmente prevaleva un forte distacco giovanile, quasi un’alienazione nei confronti del mondo. Poi è subentrata l’ironia, filtro con cui provavo a descrivere situazioni comuni, diffuse, a volte paradossali. Parallelamente, la mia dimensione soggettiva e contestuale mi portava a raccontare di fatti connessi e/o collegabili a quelli di cui sopra , ma visti da una prospettiva più personale. Una forma di distacco, o di disincanto, come dico in una mia canzone, permane a tutt’oggi. E’ un tema molto presente nel disco, un distacco nei confronti della società, in una dimensione che va al di fuori di me stesso.
Cosa ti ha fatto abbracciare la chitarra acustica e cantare storie dell’altra fetta dei ventenni, quella che preferisce leggere Shakespeare il sabato sera?
La musica mi accompagna praticamente da sempre: le mie foto da bambino sono spesso caratterizzate dalla presenza di strumenti musicali, per non parlare delle percussioni che mi costruivo svaligiando la cucina! Mi esprimevo con il rumore, successivamente con la batteria e gli strumenti armonici. Negli anni dell’adolescenza ho provato a raccontare il mio mondo con i fumetti e la regia filmica. Esprimermi con le canzoni, quindi scrivere e musicare testi, è stato l’approdo di tutte queste sperimentazioni, rappresentando un raccordo tra il bisogno di “raccontare” e la profonda, connaturata passione per il suono.
Perché raccontare storie dell’altra fetta dei ventenni? Semplicemente perché ne faccio parte, il che non significa che io non esca mai il sabato sera, piuttosto che mi ritrovi, talvolta, a preferire di non averlo fatto. Un certo conformismo e un crescente appiattimento della personalità possono essere letali.
Sei cresciuto a pane e..?
… musica, cantautori in particolare, perché mia madre li ascoltava molto. Crescendo, grazie a quella grande finestra sul mondo che è la rete, ho potuto conoscere e approfondire la musica internazionale, anche nelle sue versioni più underground, il che ha decisamente ampliato la mia visione e il modo stesso di concepire la musica.
Sei nato e cresciuto in Sicilia, una terra a metà tra l’Africa e l’Europa. Come è stato farsi spazio nella discografia italiana catturando l’attenzione della scena indipendente nostrana?
Non è stato né sarà, presumo, facile. Questo è un buon inizio ma resta una scommessa, un gioco di dadi. E’ la prima volta che mi rapporto con un pubblico più vasto, a livello nazionale e non più locale/regionale. I miei inizi non sono diversi da quelli di tanti altri giovani musicisti che creano e sciolgono band e muovono i primi passi suonando nei locali della zona. Ad un certo punto sono stato contattato da un’etichetta siciliana (Malintenti Dischi) e da lì è nato il progetto su cui si è lavorato negli ultimi 2 anni e che ha portato all’uscita del singolo, del relativo video e, infine, al disco completo. In corso d’opera, è entrata anche la Disastro Records a supportare il progetto. Devo un grazie anche a Rockit, il noto sito di musica indipendente italiana, che ha creduto in me e mi ha dato visibilità a livello nazionale. Il resto è da scrivere, nella cornice di un limbo musicale nazionale che non è capace di svecchiarsi e rilanciarsi.
“Non bastano i problemi per scrivere canzoni”. Tu di cosa ti servi?
Di fantasia, ovviamente! Condita con un po’ di distaccata ironia. Per questo ….ho poca fantasia.
A chi non vorresti mai essere paragonato nella tua carriera?
A chi si ripete troppo non osando sperimentare il nuovo/diverso, a chi punta principalmente sull’apparire o sugli effetti speciali; più in generale, direi che non amo la musica fast-food. A voi la libertà di associarvi dei volti e dei nomi.
Cosa leggi e cosa ascolti?
Tra i miei autori preferiti c’è Kafka, in particolare “Il Processo” e “Il Castello”. Uno di romanzi che mi ha segnato è “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello. Amo Charles Bukowski, Daniel Pennac, Chuck Palahniuk, Nick Hornby, Jonathan Coe, Stefano Benni…e altri… Il cinema resta una mia grande passione, vedo molti film e, dovendo indicare un solo nome, sarebbe quello David Lynch che mi ha segnato sin dall’adolescenza.
Stilare una classica musicale mi è difficile… sicuramente si denota dalla mia musica che ho una preferenza/debole per i cantautori italiani, da De Andrè, Endrigo, Tenco, Dalla, Battiato, ai più contemporanei. Amo la musica New Wave britannica degli anni ’80, Cure, Smiths, Joy Division, New Order e i cantautori, americani e non, come Nick Cave, Neil Young e Leonard Cohen. Ho sempre amato la musica nata e “esauritasi” agli inizi degli anni ’90 che è lo shoegaze: Slowdive, My Bloody Valentine, Jesus e Mary Chain.
Non resta che augurarti in bocca al lupo!
Crepes per il lupo cosi non si mangia nessuno!