Promosso. Questo è il responso che sentiamo di dare per la nostra esperienza, di un giorno in verità, al Club to Club di Torino, in una delle serate più probanti, per aspettativa, numero di artisti e difficoltà gestionali. Sabato 10, al Lingotto Fiere, è andato tutto per il meglio, l’impianto delle due sale ha suonato bene e la maggior parte degli artisti ha spaccato. Solo poche le note stonate del Gran Finale, assolutamente dimenticabili e non determinanti. Partiamo con i pochissimi appunti negativi: Nina Kraviz non ci ha assolutamente impressionato, impacciata e vagamente fuori luogo nell’inedito ruolo di vocalist dei propri pezzi, che ha dato vita ad un live inaspettato e deludente. Per fortuna, da lì a poco sarebbe partito il delirio molto techno e poco fashion di Apparat, Scuba, Marcell Dettman e poi James Holden, supportati da una folla in delirio, da un impianto che ha distribuito bassi in quantità industriale e suoni puliti e godibili, e non sempre da visual propriamente all’altezza (eccetto che nel caso di Dettman, old school coi suoi vinili, ma assolutamente travolgente con la modernità dark del suo sound). Apparat e Scuba sugli scudi con due dj set potenti, che hanno lasciato poco spazio alla sperimentazione ed hanno fornito esattamente ciò di cui c’era bisogno: cassa dritta e pedalare.
La vera gemma, però, a nostro parere, è stata la Red Room allestita dalla Red Bull Music Academy: lì si sono esibiti John Talabot, SBTRKT, Ital, Shackleton. Ed, in particolare, i primi due ci hanno assolutamente sorpresi in positivo: Talabot per la qualità di esecuzione live dei pezzi del suo disco d’esordio “Fin”, SBTRKT per aver saputo miscelare sapientemente diversi generi, senza “perdere” mai la pista e superando lo “scoglio” dovuto alla natura dei suoi pezzi, non sempre adatti al dancefloor. Prova superata, ed impressionante la distribuzione di bassi dei tanti subwoofer presenti in sala che non hanno però distorto il suono, come spesso accade, e stordito i tanti presenti accalcati vicino al palco. Ital e Shackleton si sono spinti un po’ oltre, osando maggiormente dal punto di vista melodico, ma onestamente eravamo troppo presi da Scuba e soci per poterci fare un’opinione definita.
L’organizzazione è stata assolutamente all’altezza, pochi i disagi, eccetto qualche sparuta fila al guardaroba, e la location ha permesso di stare comodi, nonostante l’alto numero di presenti. Peccato, lo ribadiamo ancora, per la qualità abbastanza scarsa e monotona dei visual di casa. Nelle altre giornate i protagonisti principali sono statiKode9, fra cui quella in cui ha presentato in assoluta anteprima alcuni nuovi pezzi di Burial ed una sua nuova produzione, Jeff Mills, sia a teatro che in club, e Flying Lotus, sicuramente l’evento più atteso di tutto il festival. Festival che ha saputo sicuramente creare un connubio efficace fra club culture e party. E per questo, non vediamo già l’ora che sia #c2c13 (magari per più giorni).
Photo Dario Monetini x Polkadot