Sbarco in Europa, finalmente, nella mia ricerca della Bike Messenger Bag perfetta.
Mi ritrovo fra le mani questa Workhorse di Bagaboo e la vedo perfetta per l’uso cittadino. Non penso che le strade Cesenati siano le più adatte per questo campione di forza e resistenza.
Capiente, comoda, aggressiva, perfetta per buche, rotaie, clacson e scalinate. Mi vedrei bene a pedalare con sulla schiena una Bagaboo per le strade di Berlino, Sidney, Roma, Budapest.
Già Budapest, la città dove Bagaboo è nata e verso cui mi muovo per parlare con Tamas, il boss di un marchio che dall’Ungheria ha fatto il giro del mondo per diventare uno dei must have per i ciclisti urbani. E riesco subito a capire il motivo di tanto successo, basta rigirare la borsa fra le mani e la schiena: le Bagaboo non sono cucite per hipster che spingono a piedi una “fixie” cinese da un aperitivo all’altro. Questa Workhorse è fatta per i bike messenger più rancidi, quelli che spingono un 53/15 su una fissa convertita pronta a bruciare un paio di copertoni al giorno.
La chiacchierata con Tamas non fa altro che confermare questa sensazione.
Ciao Tamas. Al solito cominciamo dalle origini. Come ha avuto inizio il tuo business?
Beh, io non lo chiamerei proprio business: quando ho cucito la mia prima borsa non avevo in mente piani né prospettive aziendali.
Intravedevo la laurea in Ingegneria Informatica quando per mantenermi facevo il bike messenger.
Dopo poche pedalate mi è subito sembrato chiaro che senza una borsa non avrei potuto fare niente. Ma di soldi per una bella Messenger americana non ne avevo così mi è toccato ingegnarmi: ho disegnato il modello e l’ho portato a mia mamma, sarta, che me l’ha cucita su misura.
La borsa faceva trasalire i pignoni dei miei colleghi che me ne hanno commissionata subito una dopo l’altra. Nuove commesse e nuovo lavoro. Dopo la laurea ho lavorato per un anno come informatico, ma le richieste per le borse continuavano ad essere tantissime. Per questo motivo ho mollato tutto e ho fatto di Bagaboo il mio impegno principale.
Ci sono tutti gli elementi di una storia di successo. Necessità, idea, realizzazione, $$. Ma cosa non ti piaceva delle altre borse? Perché? hai deciso di fartene una tua?
Nessun problema estetico: solo non avevo soldi per comprare una borsa. Farla cucire a mia madre significava costo zero. Proprio l’economicità della borsa ne ha determinato il boom nel mercato di Budapest.
Già il mercato di Budapest. Ma qui il movimento bike messenger è così sviluppato?
Esplosivo. Certo, New York è un’altra cosa, ma anche Budapest non scherza. Ricordo che vedemmo le prime borse disegnate per i fattorini a pedali nel 1998 quando i Messenger Old School tornarono dalla CMWC portandone con sé qualche esemplare.
Poi tieni sempre conto che a Budapest abbiamo la critical mass più grande del mondo e che la bici è il principale mezzo per spostarsi in città. In pratica Bagaboo ha solamente intercettato un bisogno tangibile: borse perfette ad un prezzo accettabile.
Aspetta aspetta. Quindi mi stai dicendo che Bagaboo non è stato il primo business di Bike Messenger Bag qui in Ungheria.
Certo che no. I primi sono stati i ragazzi Lupusbag. E Bagaboo non è l’unica neanche adesso. Nascono nuove aziende di borse messenger praticamente quotidianamente. Quella che ad ora seguo più da vicino è Blind Chic, realtà viva e piena di creatività con la quale stiamo anche portando avanti una collaborazione piuttosto produttiva.
Tutto basato su prodotti di altissima ergonomia.
Assolutamente sì. Certo il design è importante, ma avere una borsa perfetta di più.
Per questo lasci la possibilità ad ognuno di disegnare la propria borsa.
Certo. Bagaboo mette a disposizione i materiali e una piattaforma per assemblarli. Al resto ci pensano i clienti stessi.
Tieni presente che a oggi almeno il 40% delle borse che vendiamo (la maggior parte delle quali grazie al sito) è disegnato direttamente dai clienti che possono decidere tutto, dalla grafica ai colori.
E come promuovete i vostri prodotti?
Certo facciamo della pubblicità tradizionale ma il grosso della promozione è determinato dalle sponsorizzazioni di Bagaboo per Alleycat, ECMC e CMWC. Perché il nostro obiettivo non è solo quello di vendere borse ma anche di aiutare la comunità di messenger.
Quindi Bagaboo è anche molto attiva nel mercato internazionale?
Non ci crederai ma Bagaboo è famosissima fino in Giappone.
Torniamo al vostro supporto per le comunità di ciclisti. Come nasce la collaborazione fra Bagaboo e il progetto Cycle Me Home (bisognerebbe fare un pezzo solo per parlare di questo progetto. Giuro che lo farò ndr)?
Levi, nel momento in cui CMH era solo un embrione, mi mandò una mail, raccontandomi della sua idea: tornare da Madrid verso Budapest, in bici fissa. Come potevo non offrirle il mio aiuto? Le proposi una sponsorizzazione e così Bagaboo fu protagonista dei suoi video. Una gran bella comunity si creò intorno a Levi e ai suoi amici che producono ancora dei video davvero splendidi.
Parliamo un secondo delle tue abitudini nel commuting. Quante bici hai?
Allora: ho due fisse, una per il bel tempo e una per le intemperie. Quest’ultima è praticamente una CX con ruote giganti e parafanghi. È la mia preferita, ci sono affezionato, È comoda e veloce, un vero fendente per il traffico di Budapest.
Ho anche una MTB, ma non la uso quasi mai.
Nessuna macchina?
Nono, una macchina mi serve, ci devo trasportare tutti i materiali per Bagaboo.
E quante borse hai?
Non troppe. Una Rancid e una Workhorse. E poi tutti i prototipi che produciamo.
Ma alla fine Bagaboo, cosa vuol dire?
È un gioco di parole a metà fra Bugaboo e Borsa.
Dai Ste’, non mi sembrava così difficile. Potevi arrivarci.
Ecco!