Classe 1975, Francesco Poroli è sicuramente una firma conosciuta a chi mastica illustrazione in Italia. Autore di lavori per clienti molto importanti (la lista è lunga) come The New York Times Magazine, adidas, Il Sole 24 Ore, Wired, Riders, Condé Nast, RCS, Sportweek, Google, Direct Line, Reebok, NBA, Champion, Amnesty International, Fondazione San Raffaele, Adecco, Nike Timing, FAI Fondo Ambiente Italiano, Garzanti, rimarrete impressionati dalla qualità e complessità dei suoi lavori. È anche art director di Rivista Ufficiale NBA. È padre di due bambini che, a quanto pare, lo mettono spesso in difficoltà, probabilmente più di un committente rompipalle.
Recentemente, la sua cover per la rivista UK Diplomat, ed i lavori per New York Times sono stati inseriti negli annual delle associazioni di illustratori italiana e di New York.
Abbiamo scambiato qualche parola con lui.
Come hai reinterpretato il nostro logo? Pare che tu abbia schizzato una ventina di idee… Perché sei arrivato qui?
Giuro, avevo – per dire – una roba typo, teschi, spade, sneakers, oblò, baffi, lp, fiori, matite. Alla fine ci ho messo la mia faccia. Sarà narcisismo?
Una delle tue occupazioni più note è quella di illustratore art director per Rivista Ufficiale NBA. È un caso o ti è sempre piaciuto il basket? Se sì, in che ruolo giocheresti?
Ti correggo, di Rivista Ufficiale NBA sono l’art director. Poche illustrazioni sulle nostre pagine…
è stato un caso, comunque – anche se il basket l’ho sempre seguito, un po’ da lontano, senza essere un impallinato. Il ruolo? Bé, quello è facile: dall’alto dei miei non molti centimetri, direi playmaker.
Come superi il “blocco creativo”? Hai dei riti o delle abitudini particolari?
Tanti caffé e tante sigarette, ma quello a prescindere. Ogni tanto ribalto lo studio: cambio la disposizione dei mobili, metto ordine. Quando sono bloccato, devo far andare le mani.
Spesso su Facebook racconti delle intuizioni geniali del tuo figlioletto… Qual è il valore che più vorresti trasmettergli durante la sua educazione? (siamo anche un magazine serio)
Vorrei che imparasse a non avere paura e a non ascoltare tutti quelli che gli diranno che deve averne, perché là fuori il mondo non è mai stato così brutto e così ostile. Cazzate. Il futuro è lì da scrivere, e non è mai stato così bello. (abbastanza seria la risposta?) (non aspettavamo di meglio, ndr)
Domanda classica: tre aggettivi per descrivere il tuo stile.
Semplice, geometrico, colorato.
Perché mi hai detto che sei noioso? Eppure non sembra.
Per sentirmi dire che non è vero. Sarà narcisismo (2)?
Ultima: come va l’organizzazione della pizzata dei bimbi in piscina? Ti senti un papà “classico” oppure il tuo estro quasi artistico ti distingue in qualche modo dagli altri?
Pizzata della piscina: assenti. Missione compiuta! Non sono un grande fan del genere. Comunque, non credo sia il mio estro, ma – se proprio devo dirlo – rispetto alla media dei papà che vedo in giro, io sono tanta roba.
Scherzavo: ci spieghi, più o meno, le varie fasi che ti portano da un’idea al file da consegnare al grafico o stampatore?
Questa è dura. Non esiste un metodo, una scaletta precisa. E molto dipende dalla committenza: ci sono art director che arrivano con un’idea molto precisa di quello che vogliono (a volte con schizzi a mano allegati), e altri che ti lasciano carta bianca. Ovvio che i secondi sono il sogno bagnato di chiunque faccia questo lavoro, ma anche misurarsi con un brief molto dettagliato può essere una sfida super-interessante.
E se volete vedere qualche illustrazione in più, o mettervi in contatto con Francesco, visitate il suo portfolio online.
➝ Nella puntata precedente: Semplicemente Giacomo Bagnara