Giuro: ne parlo il giusto. Non voglio ammorbarvi con la storia della mia vacanza natalizia fra San Diego e San Francisco. Ma almeno due righe concedetemele per introdurre la storia di Fabio e del suo progetto.
Dicevo, sono stato fra San Francisco nei primi giorni del 2014, ho passeggiato per bar, quartieri, club e lungomari notando quanto la cultura dello urban cycling sia davvero radicata nella vita cittadina. La gente fa bike commuting tutti i benedetti giorni. Chi va al lavoro in macchina è uno sfigato e spesso viene guardato come lo sono io quando con casco e impermiabile rosso pedalo verso la scrivania. Un contrappasso che ho voluto approfondire andando a cercare quelle persone con le quali ho parlato per la mia serie di interviste sulle Messanger Bag e sulla cultura ciclistica metropolitana. Mission è un quartiere di San Francisco. Qui, mulinando caviglie e pedali, raggiungi in cinque minuti tutte le Mecca del Fixed Movement. Io il mio pellegrinaggio l’ho fatto, riuscendo a fare due chiacchiere con Lyle di Mission Workshop, bevendo una birra con gli amici del Mojo Bicycle Café, battendo i pugni sulla vetrina chiusa del Mission Bicycle, rincorrendo Fabio Fondatore della DZR Shoes. E pensare che abitavamo anche a pochi chilometri di distanza, in quella Silicon Valley che non parla solo il nerdese dei programmatori. Beh, meno male che avevamo già fatto le quattro chiacchiere da cui è venuta fuori questa intervista, altrimenti come avrei potuto parlarvi di un paio di sneakers super cool che rendono perfetta la vita dei Ciclisti Urbani grazie all'alchimia fra rigidità e flessibilità dello Shank e degli attacchi SPD sotto la suola?
Forse sei troppo emozionato Stefano, la vacanza ti ha fatto andare fuori giri.
Ok, allora partiamo più piano. Dall'inizio. Di dove sei Fabio?
Great. Questa sì che è una domanda facile. Sono nato ad Ivrea: hai presente quella città dove a Carnevale ci si lancia le arance? Ecco, io vengo da lì.
E in Piemonte cosa facevi?
Andavo in bici! Sono stato in Nazionale Trial per più di dieci anni, prima con le Trialsin (ruote da 20'') poi con le MTB da 26''.
Ma Bike Trial è quella specie di arrampicata senza sellino?
Beh, in estrema sintesi sì.
Scusa l'interruzione, parlavi della tua carriera da professionista.
Già, vent'anni di Mountain Bike: sono stato campione italiano di categoria, per parecchi anni fra i primi dieci del mondo e nel culmine della mia carriera ho calcato i campi del Campionato Francese VTT Trial.
Beh, che dire, mi sa che di Mountain Bike ne sai qualcosa.
Mi definisco un dinosauro a pedali.
Per la lentezza?
No per le ere geologiche che ho attraversato: gare di cross country con freni Cantilever e puntapiedi, downhill con bici rigide come la signorina Rotternmeier. Poi sono passato alle prime forche ammortizzate Rock Shock e alle Shimano a sgancio rapido.
Aspetta. Aspetta. Non cominciare subito a parlare di scarpe, abbiamo prima da parlare dell'Università.
Vero. Fra una pedalata e una slogatura mi sono anche laureato in Architettura al Politecnico di Torino. E da lì, segata la bici a metà, sono andato in Svizzera.
In Svizzera?
Svizzera, Svizzera. Ero Product Manager per un importante marchio di bici e accessori.
La…
Non la posso nominare.
Va bene. Dopo il lavoro con la bicicletta è arrivato il lavoro per la bicicletta (ora possiamo parlare delle scarpe).
In Svizzera incontrato Shane (prima collega, poi business partner), Product designer con questa idea meravigliosa: sneaker casual perfette sia per passeggiare che per andare in bici. Nessuno dà credito alla sua idea così decidiamo di metterci in proprio.
Torniamo indietro. Una grande azienda europea che non si sente pronta per inserire un progetto rivoluzionario fra le proprie linee di sviluppo. Questa non mi è nuova.
Non è questione di pavidità, Stefano, è questione di tempi. Una grande azienda deve far muovere una ruota da 29'', noi avevamo bisogno di una ruota da 26''
Scusa?
Massì è semplice. Per penetrare nel mercato con un prodotto innovativo bisogna essere agili e scattanti. Crearsi una nicchia ed essere subito riconosciuti come un soggetto di rilievo continuando ad innovare continuamente e rapidamente. Altrimenti la concorrenza fiuta l'affare e ti fa a pezzi.
A voi questo non è capitato?
Diversi marchi hanno capito che quello del ciclismo urbano è un mercato in forte crescita. Così, marchi come Giro e un altro che non nomino, perché nostro vicino di casa a SF...
Chrome!
Shhhh.
Dicevo, questi due marchi hanno cominciato a disegnare scarpe come le nostre contendendoci la nicchia di mercato. Certo noi essendo giovani e scattanti continuiamo a spostare l'asticella sempre più in alto, facendoci conoscere da quei ciclisti urbani che hanno imparato a diffidare dalle imitazioni.
Andiamo un attimo sul tecnico. In cosa consiste la vera rivoluzione delle DZR?
Le DZR riescono a coniugare la rigidità delle scarpe da corsa con flessibilità di una scarpa da passeggio. Per realizzare questa cosa abbiamo dovuto studiare tecnologie, materiali e design oltre che trovare aziende che fossero capaci di concretizzare le nostre idee. Dal nostro genio è nato ciò che noi chiamiamo lo Shank a Flessibilità Variabile (VFS) che messo all'interno della scarpa permette di camminare senza vesciche e pedalare senza perdita di potenza.
È proprio lo Shank l'elemento distintivo di DZR, anche se ora anche i concorrenti hanno imparato a riprodurlo.
E i bike messenger cosa pensano della vostra tecnologia?
Quelli sono dei mostri. Stanno in bici tutto il giorno, altro che Abdoujaparov e Contador. Per pedalare preferiscono delle scarpe da corsa. Guardali, tutti con ai piedi le Sidi.
Però Craig Etheridge, vincitore del Cycle Messenger World Championships nel 2010 e nel 2012, porta le DZR, così non devo stare a spiegare ogni volta perché le DZR sono una scelta numero 1!
Ma vi conoscono solo negli USA?
Stiamo crescendo anche in questo. Lavoriamo molto sulla vendita negli USA ma anche sulla distribuzione internazionale. Al momento il nostro mercato si divide in 70% Nord America, 10% Europa, 20% Resto del mondo. In Giappone, per esempio, spacchiamo di brutto!
Non solo urban cycling però. Vedo che state facendo uscire anche scarpe specifiche per Mountain Bike e Bike Polo.
Io vengo dalla Mountain Bike Stefano. Anzi dal Mountain Bike Trial. Quindi non potevo che aprire il mio laboratorio anche a delle scarpe per il ciclismo di nicchia. Il nostro Global Develompent Team ha lavorato duro con professionisti di Enduro e Downhill per disegnare e produrre la prima DZR dedicata alla Mountain Bike che ora diversi atleti usano nelle gare. Stessa cosa abbiamo fatto con il Bike Polo dove collaboriamo direttamente con i team più forti del mondo.
E il Ciclotour?
Hai dati una sbirciata alla nostra pagina Facebook? È invasa da cicloviaggiatori che fanno migliaia di chilometri con le DZR ai piedi. Come una coppia di ragazzi francesi che ha pedalato da casa fino in Cina passando per 17 Paesi. Oppure una ragazza giapponese che si è fatta più di 5.000 chilometri da Berlino fino in Portogallo pedalando e servendo caffé con ai piedi un paio di Tosca. La gente è stanca di stare intrappolata fra macchina e scrivania e non c'è mezzo migliore della bici per fuggire e sognare.
E qua ti volevo: cominciamo un po' a parlare di bici in senso stretto. Quante bici hai in garage?
È imbarazzante. Non te lo posso dire. Faccio davvero schifo. Se apri il mio garage ti trovi davanti a una ciclofficina: Enduro, Cruiser, Track Bikes a scatto fisso, Corsa, Downhill, 28'', 650B, ho anche la mia ultima bici da gara. Ma quella è in una teca come un pezzo da museo.
Tutte 'ste bici per fare quanti chilometri al giorno?
Mai abbastanza. Salgo sul treno ogni mattina dopo cinque minuti di bici, in 40 minuti sono a SF e dalla 4th and King Street Station fino al mio ufficio sono circa 10 minuti. Certo ogni tanto la sera perdo l'ultimo treno...
E nel vostro team? Tutti vanno in bici?
Assolutamente. È il requisito fondamentale per far parte della famiglia. Una volta alla settimana si esce tutti insieme durante il lunch break e chi arriva ultimo paga il pranzo.
Ma quindi solo commuting?
Nono. Almeno due volte a settimana esco per una sgambatina. Più Mountain Bike che bici da corsa. Il weekend poi lo dedico alle escursioni. D'invero, per esempio, adoro girare per i boschi con le luci sul manubrio, stando attento ai Mountain Lion, ovvio.
Ma come d'inverno? Giri pure d'invero?
California Bro!
Euff. Torniamo un secondo al ciclismo metropolitano. Le differenze nel pedalare in Italia, Svizzera e California.
Italia: occhi aperti e guida aggressiva.
Svizzera: sicurezza, ordine e rigore
California: completa integrazione.
Qualche giorno fa sono stato a Portland, un solo concetto: Precedenza su tutto!
Pensavo: è mai possibile che tutti i produttori di Urban Bike Apparel vengano da San Francisco e più precisamente da Mission.
Il ciclismo urbano è nato qua. Certo ci sono mille realtà negli Usa, magari più underground: Portland, Los Angeles, Chicago. Ma il cuore pulsante di scarpe e borse sta nella Bay!
E tu che scarpe usavi prima di iniziare a produrtele da solo?
Ho cominciato con Alpinestar e RG, specifiche per il trial. Le Vans ce l'ho sempre ai piedi quando spingo pedali flat. Le Shimano sono state le mie prime scarpe con gli attacchi e poi boh. Specialized, Pearl Izumi e parecchie, parecchie Scott.
Ah!
Eh.
Vabbè! A me gli scarpini hanno sempre fatto bestemmiare. Ho le mie preferite e quelle che odio, chiaro, ma quasi tutte non sono l'emblema della comodità e spesso si rompono quando non devono. So che anche tu hai avuto le mie esperienze. Raccontami un po'.
È chiaro dai, tutte le scarpe hanno una percentuale di rischio. Circa il 2%/5% di esse hanno difetti o si rompono. Basta solo che Customer Service e Warranty Program funzionino.
Il solito diplomatico. Un'ultima curiosità: quante Zurich avete venduto.
Tutte quelle prodotte. In magazzino non me ne saranno rimaste che tre paia.
No!
Anche con gli stivali si pedala Stè!
**Postfazione del 31.03.2014
Stamattina ho aperto gli occhi e da, da vero social addicted, ho fatto quello che faccio tutte le mattine: senza neanche alzarmi dal letto ho lanciato la mano sul comodino per prendere il telefono e cominciare a sfogliare mail, Twitter, Facebook e qualche sito di notizie.
Proprio su Facebook si è soffermata la mia attenzione. Ho visto tanti messaggi lasciati sulla timeline di Fabio. Non sembravano però classici messaggi di un ritrovarsi gioioso, né commenti dopo una serata passata a suon di pedale. Tutt'altro. Ho capito dopo pochi post che Fabio è scomparso. Non so come sia successo, non conosco la sua quotidianità. Con lui ci siamo scambiati poco più di dozzina di email e quattro battute per telefono. Abbastanza per capire che ero di fronte ad una persona che irradiava forza vitale ed entusiasmo anche a oceani di distanza. Voglio esprimere il mio affetto alla famiglia e agli amici di Fabio che sicuramente staranno passando momenti più importanti rispetto alla vuota spossatezza che ha riempito la mia giornata.
http://www.dzrshoes.com/fabio_rattazzi
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