Bene, ci siamo finalmente ripresi.
Ripresi da cosa? Dai colori, i suoni, la pluralità’ di gente, nazionalita’ che canta all’unisono.
Insomma ci siamo finalmente ripresi dalla magica atmosfera che i festival normalmente regalano. Il Primavera Sound chiaramente non e’ da meno.
E allora tiriamo le somme, in ordine assolutamente casuale.
Per tirarle bene secondo me bisogna forse mettere una lente sulle novità e chi invece è un artista “stagionato” e quello che intendiamo per stagionatura e’ chi suona e si esibisce nel campo un bel po’ di anni. Insomma la differenza si sente.
Tra i best acts sulle primizie c’e’ sicuramente da menzionare la Janelle Monae con una resa sul palco abbastanza da ricordare. Per vestiti , in particolare quello di “Pynk” abbastanza irriverente e il corpo di ballo, veramente bello.
Loyle Carner non si aspettava tanta gente. Con il suo concerto messo in concomitanza con la finale di Champions League, entra sul palco con la maglietta del Liverpool ed esce trionfante un po’ per il suo concerto, un po’ per il risultato. Trascinante ed estremamente umile, piace molto al pubblico e noi siamo d’accordo.
L’Heinenken stage ha offerto delle grandi chicche. Situato vicino al mare in un kiosk a metà tra uno stile art deco e un vecchio saloon si e’ sempre popolato di gente appassionata che ha ascoltato diligentemente tutti i pezzi e artisti. Bello, molto bello.
Ci siamo persi Rosalia – speriamo di vederla al Somerset House a Londra (forse) – ma l’aspetto lampante e’ sicuramente il fatto di essere la grande protagonista del festival, almeno per gli spagnoli.
Interessante vedere anche una buona compagine di persone seguire il concerto di Kate Tempest, che artista. Che poetessa. Assolutamente bellissimo, per intensità’ e presenza sul palco. Quasi raro.
Grande protagonista anche Christine and The Queen con le sue movenze e il suo corpo di ballo. Si merita tutti gli applausi, assolutamente.
Veniamo agli artisti che hanno definito le nostre Stagioni.
Erikah Badu. Brava, elegante. Una vera artista. I suoi anni ce li ha ma la qualità vocale resta come anche la presenza scenica. Da very intenditori.
Suede in assoluta forma. Viva Brett che si e’ ripreso. Ora all’alba dei suoi ben 51 anni si presenta con la sua camicia bella stretta che evidenzia il suo fisico bestiale. Finalmente un po’ di sane chitarre e good old British rock. Musica per le nostre orecchie.
Tame Impala – il suono non brilla e onestamente nemmeno loro. Ascoltati ad un altro orario, magari al tramonto il loro effetto psichedelico sarebbe sicuramente stato amplificato diverse volte. Bravi. Ma possiamo fare di meglio.
Tim Burgges lascia il suo ruolo di frontman di The Charlatans e inizia il suo dj- set con Underworld. Roba che non si può’ stare seduti. Quindi via in pista a scatenarsi con pezzi classici Brit-pop che vengono intervallati con qualche chicca tipo “Call me Maybe”. Che finezza.
Primal Scream – hanno celebrato piu’ di 30 anni dalla realizzazione del loro primo singolo. Bobbie Gillespie con il suo abito fucsia apre la kermesse con “Movin on up”. Pezzone sing-along. Per il resto del concerto sembra non aver voce ma viene fortunatamente aiutato dai seguaci sino al pezzo finale “Rocks”. Alla fine, bravi anche loro.
Ma, la chiccha assoluta secondo noi (o almeno per chi scrive) e’ Jarvis Cocker. Dal dj-set con una selezione sicuramente eclettica fino al concerto ha il talento di scrivere, cantare, performare. Non da tutti. Il suo show e’ ricco di melodie, autoironia, movenze da dancefloor e interazioni con il pubblico. Sarà’ difficile da dimenticare il momento in cui chiede allo sventurato Beppe di confessargli di cosa ha paura. Beppe, ormai diventato eroe nei gruppi social dedicati al Primavera.
Allora su le mani, in segno di un solo amore, una nuova normalità. The New Normal che si percepiva in tutti gli aspetti, dalla programmazione musicale fino ad un pubblico colorato in cui tutti sono i benvenuti. Una porta aperta verso la buona musica e allo Zeitgeist.
See you soon Primavera, il bello sara’ dove. Porto, Barcellona o … LA?
More to come.