L’arte contemporanea conferma come uno dei suoi luoghi prediletti la splendida cornice di Villa Brandolini di Pieve di Soligo, dove da otto anni si svolge il Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee.
L’amena provincia di Treviso ha assistito infatti, nel corso della serata di sabato 23 novembre 2019, al vernissage della mostra collettiva curata da Carlo Sala con conseguente premiazione dei vincitori e delle menzioni speciali: una serata all’insegna di un’arte giovane, nuova, innovativa, stimolante.
Vince la settima edizione del Premio Fabbri nella sezione “Arte emergente”, Amos Cappuccio (Sanremo, 1988) con il lavoro We Are In Excellent Physical and Emotional Health (2017-2019). L’opera nasce dalla lettura del romanzo di Ralph Waldo Ellison, “Invisible Man” ambientato a New York negli anni Quaranta del Novecento, dove viene messo in scena il tentativo di inseguire il sogno americano di riscossa e ricchezza mentre il destino è la relegazione ai margini della società: la stessa metaforica “invisibilità” che accomuna la comunità nera di Harlem. L’installazione composta da svariati audio, in una fusione di rumori di strada, musiche e canti tradizionali, crea una dimensione narrativa in cui lo spettatore si lascia condurre, e ne evoca una visiva in cui si è catapultati, evocando quella stessa esclusione sociale che si percepisce leggendo Ellison.
La prima “Menzione della Giuria-Crédit Agricole FriulAdria” è stata attribuita a Martina Camani (Vicenza, 1994) per l’installazione Della totalità, realizzata attraverso una serie di applicazioni su stoffa. L’artista porta avanti una ricerca ibrida che si muove tra le arti visive e quelle performative, prendendo spunto dalla performance teatrale ANGELI – Animali dell’anima (2019). L’opera riporta le fattezze dai tratti minimali di otto animali – cervo, unicorno, pavone, tartaruga, pangolino, chiocciola, polipo e ornitorinco – che rimandano a una dimensione simbolica e archetipica che si ripresenta in modo ciclico nella storia. La seconda menzione è andata a Vincent Ceraudo (Fontainebleau, 1986) per il lavoro From there we came outside and we saw the stars (2019). Il video è una ricognizione poetica sul lavoro del grande architetto razionalista Giuseppe Terragni attraverso una persistenza dello sguardo che indaga le superfici degli edifici tra formalismo e percezione soggettiva, visione analitica e memoria. In particolare sono ripercorsi due celebri progetti, l’Asilo Sant’Elia di Como e il Danteum, un monumento irrealizzato dedicato a Dante Alighieri che avrebbe dovuto sorgere a Roma per incarnare la cultura e i valori della nazione. Il lavoro di Ceraudo si è anche aggiudicato il Premio Speciale Lago Film Fest che dedicherà un evento all’artista durante l’edizione 2020.
Vince la sezione “Fotografia contemporanea” Irene Fenara (Bologna, 1990) con una riflessione sull’influenza delle immagini all’interno della vita quotidiana: il suo Self Portrait from Surveillance Camera (2019) è stato realizzato direttamente con appostamenti dell’artista davanti alle telecamere di sorveglianza, imponendo la sua presenza e mettendo così in crisi la bipartizione di ruoli tra osservatore e osservato.
Il collettivo Die Furlani-Gobbi Sammlung (formato da Marco Furlani e Jonathan Gobbi) si è aggiudicato la prima menzione della giuria con l’opera Sottomesso è il paesaggio (2019); l’immagine è un attraversamento dell’iconografia paesaggistica che viene “sezionata” criticamente e ricomposta attraverso una pluralità di rimandi visivi che vanno dalla pittura romantica di Caspar David Friedrich alla rappresentazione della figura dell’esploratore, dallo stereotipo turistico fino all’immaginario social. Il protagonista del lavoro assume una posa connaturata da un eccessivo pathos dove natura e artifizio si fondono fino a mettere in dubbio la nozione stessa di paesaggio.
Il lavoro Untitled (dalla serie Most Were Silent) del 2016 di Anush Hamzehian e Vittorio Mortarotti ha ricevuto la seconda menzione della giuria per aver saputo indagare il rapporto tra potere, geopolitica e memoria attraverso una particolare vicenda. Il ciclo fotografico è stato infatti realizzato ad Alamogordo in New Mexico, una cittadina che a prima vista appare del tutto marginale per il corso della grande storia. Vicino a quella località invece vi è una base segreta dove sono stati compiuti una serie di test che hanno dato l’avvio all’era atomica, un arco di tempo che si è dispiegato dalla seconda guerra mondiale fino al termine della guerra fredda condizionando profondamente le sorti mondiali. Anche in questo caso il paesaggio quotidiano si carica di una serie di elementi simbolici e diviene l’involontario portatore di istanze latenti che travalicano la letteralità della sua morfologia.
I vincitori hanno ricevuto un premio acquisto di 5.000 euro e i loro lavori sono entrati a far parte della collezione della Fondazione Francesco Fabbri Onlus, che li custodirà a Casa Fabbri, il centro residenziale teatro di numerosi eventi. I lavori finalisti rimarranno esposti fino al 16 dicembre nella mostra collettiva di Villa Brandolini.